mercoledì 26 febbraio 2014

L'incubo è finito!

Dopo cinque anni di passione, e a 20 anni da quel maledetto e terribile omicidio, la Cassazione mette la parola fine, almeno relativamente alla vicenda penale di Raniero Busco.

Ora ufficialmente Raniero è INNOCENTE, non ha commesso quel reato.

Ed è in questa sentenza che abbiamo tutti confidato per questi lunghi anni.

Anni di sofferenze, di persecuzioni, di rabbia per Raniero e Roberta e, indirettamente ma terribilmente, anche per i loro due figli.

Ora, che tutto è finito, auguriamo loro un bellissimo e sereno futuro, che li ricompensi di questi duri anni bui.


Un ultimo pensiero a Simonetta, a suo padre che è morto lottando per la verità, e a sua madre che su quella verità non ha ancora ricevuto risposte.


Gabriella Schiavon

giovedì 30 maggio 2013

Intervista all'Avv. Loria, difensore di Raniero Busco

Cosa ne pensa del ribaltamento delle sentenze di assoluzione degli ultimi casi di cronaca? E, secondo lei, ci sono i presupposti per una decisione simile anche per la sentenza Busco?

Avv. Loria:  Non so cosa pensare dei ribaltamenti di sentenza.
Non conosco i documenti processuali e so soltanto quello che si legge sui
giornali.
Non è molto, né certo, per esprimere un giudizio.



I periti di parte civile hanno lamentato una mancanza di contraddittorio nel processo di appello, pensa che questo possa incidere su una eventuale decisione in cassazione?

Avv. Loria:  Non è vero quanto affermato, i consulenti di parte civile sono stati
ampiamente ascoltati in Appello.
Abbiamo avuto anche il piacere di vedere il Garofano, consulente di Paola
Cesaroni, dopo essere stato consulente del P.M.
Comunque, ciò non inciderà nel giudizio di Cassazione. La opinione dei C.T. è
comunque merito, non diritto.



Sempre la parte civile ha presentato una relazione di psicologia forense. Può, secondo lei, avere una qualche rilevanza giuridica?


Avv. Loria:  Nessuna rilevanza! Una consulenza fatta 20 anni dopo la morte di una
persona, basata sui racconti di terzi.
Ridicola, e giustamente non ammessa dalla Corte.



Ritiene ci siano aspetti della sentenza di appello che al vaglio di legittimità risultino inattaccabili?

Avv. Loria:   Tutti gli aspetti della Sentenza, sono inattaccabili.
La Sentenza ha analizzato, finalmente, con il giusto equilibrio, le cosiddette
prove scientifiche.
Non esistono altre prove. E questo è merito.


Quali saranno i punti della memoria difensiva?

Avv. Loria:   La linea di difesa deve essere ancora delineata, e comunque non è il
caso di anticiparla…



intervista di Gabriella Schiavon, Benny Ferraro

giovedì 22 novembre 2012

La sentenza di appello di via Poma

La sentenza di via Poma - Testo

Sono lieto di pubblicare il testo della sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Roma che ha assolto Raniero Busco dall'accusa di aver ucciso Simonetta Cesaroni.

La sentenza è magistrale per il modo con cui il giudice estensore dr. De Cataldo, ha affrontato il caso con metodo scientifico ed è da manuale la parte in cui egli spiega come il giudice si deve porre di fronte alla prova scientifica che sta soppiantando lo sciagurato sistema della prova indiziaria.

Una decisione che dovrebbe fare storia nel nostro sistema giudiziario perché è ora di finirla con la cialtroneria e trombonaggine di troppi periti pronti anche a fare carte false per accontentare chi li paga e la malafede di investigatori che lottano non per la verità per solo per salvare la faccia

Edoardo Mori

giovedì 18 ottobre 2012

Accanimento ingiustificato e spreco di soldi pubblici.

Si poteva finire qui.
Si poteva accogliere la sensata sentenza d'Appello e chiudere i conti con un passato confuso e oscuro.
Si poteva riconoscere che ci si può sbagliare e che non era il caso di insistere specando ulteriori risorse economiche pubbliche. In un momento veramente triste della nostra storia, dove molte persone sono costrette a rovistare nella spazzatura per tirare avanti e molte altre presto seguiranno lo stesso destino.

Ma invece si è deciso di insistere, per salvare la faccia, per giustificare quel passato investigativo lungo e molto molto costoso.

Così non mollano e ricorrono in Cassazione.

Per chi? Non certo per la giustizia, visto che di giustizia non si tratta.

Per noi cittadini? Non credo proprio visto che la quasi totalità di persone, giornalisti, criminologi, avvocati si era chiaramente espressa a favore dell'innocenza di Raniero Busco.

Per Simonetta? Nemmeno per lei o per suo padre, che avrebbero sicuramente voluto vedere in galera il vero responsabile della sua crudele morte.

Allora per chi?

Eppure una Perizia super-partes si era espressa con toni fortemente chiari e convinti.
Super-partes significa, lo ricordiamo, disposta da un giudice con periti da lui nominati  e non al servizio pregiudiziale dell'accusa o della difesa.

E quindi eccoci, siamo di nuovo qui a lottare, informare, urlare lo sdegno verso una vicenda giudiziaria assurda, ingiusta, incredibile.

Gabriella Schiavon

Leggere a proposito l'ottimo articolo de 'La Repubblica':
 Quegli errori giudiziari che costano come una manovra

martedì 24 luglio 2012

Le pulizie

E’ stato, quello delle pulizie, un argomento molto discusso dagli appassionati del caso e, naturalmente, anche dagli inquirenti.
E’ tuttavia evidente che nel caso degli inquirenti, l’interpretazione di quelle pulizie ha sofferto pesantemente del pregiudizio formatosi nelle indagini.

Nel 1990, il convincimento che l’assassino fosse Vanacore indusse a ritenere, almeno nel primo mese di indagini, che le pulizie fossero funzionali al proposito di occultare il cadavere.

Pensare il contrario, e cioè che le pulizie avessero lo scopo di cancellare le tracce di sangue lasciate dall’assassino, stonava con il fatto che il portiere non presentava segni visibili di ferite alle mani o alle braccia (è immaginabile che il suo corpo fu ispezionato).

Quando invece nel 2007 comincia a delinearsi l’ipotesi Busco, l’interpretazione delle pulizie muta radicalmente: non più il preludio allo spostamento del cadavere (incompatibile con i propositi di un esterno) ma la mera necessità di eliminare le tracce di una ferita subita, e poiché al nuovo sospetto non si può concedere il tempo per lavori troppo lunghi, pure si ridimensiona l’entità del sangue che fluisce all’esterno (emotorace). Indagati diversi, lettura dei fatti diversa.

Inutile dire che il postulato andrebbe invertito.

Tuttavia non è detto che anche spogliandoci di ogni idea preconcetta, sia possibile dirimere la disputa fra chi sostiene che le pulizie ebbero uno scopo piuttosto che un altro.
L’ipotesi del trasferimento del cadavere può certamente suggerire che si cominci a togliere una parte del sangue, ma non si capisce per quale ragione dovesse essere necessario far sparire anzitutto una parte dei vestiti, lasciando altri fagotti per un tornata successiva (scarpe, ombrellino e borsa, oltre al corpo).

D’altro canto, se è vero che la priorità dell’assassino era far sparire le macchie del proprio sangue, e quindi anche gli indumenti usati per assorbire tali macchie, come ha fatto l’assassino a scordarsi le vistose tracce di sangue sulla porta?

In entrambe le ipotesi le incongruenze possono essere corrette attraverso varie congetture (ad esempio, poiché le tracce di sangue sulla porta più vistose erano sul lato interno, potevano essere rimaste nascoste dopo l’apertura della porta), ma ciò non fa altro che confermare come sia difficile ricavare dalla scena del crimine una interpretazione precisa e univoca.

A meno che, nel leggere la scena del crimine, non sia sfuggito qualcosa.
Forse, come disse la De Luca a Volponi, bisogna guardare un po’ meglio.

Proviamo quindi a riguardare quelle immagini del corpo di Simonetta e del pavimento circostante, seppur nei limiti di immagini sgranate tratte da filmati televisivi. Intanto si scorge subito che le pulizie non riguardano l’immediato perimetro del corpo inerme della vittima. Le due pozze di sangue visibili all’altezza del bacino e della spalla, prodotte dalle ferite al pube, al torace e al collo, non sono contenute da segni di tamponatura con stracci o altro.

Lungo tutto il tronco e gli arti, non si apprezza alcun segno del passaggio di uno straccio, tanto che in alcuni punti sono visibili alcune macchioline di sangue completamente integre.
Ma allora dov’è che si è pulito?
L’agente della scientifica Ciro Solimene lo spiega in aula:

“poi sul pavimento, andando verso l'ingresso sono delle lievissime, lievissime diciamo tracce di sostanza presumibilmente ematica, ma proprio lievissima, proprio una velatura proprio ecco.” 

Queste velature sono visibili anche nelle fotografie e cominciano ad una certa distanza dal corpo, in direzione dell’ingresso.
Perché si è pulito in quel punto e non altrove?
Perché c’era del sangue in quella zona?

L’esame delle fotografie mostra anche un’altra cosa.
Mentre la scrivania di Carboni, pur ingombra di oggetti e di fascicoli, appare sostanzialmente “a riposo” nel senso che non mostra segni di un uso recente, e ciò in sintonia con l’assenza del responsabile fin dal venerdì precedente, sul tavolo posto subito a destra dell’ingresso, sembra scorgersi una qualche attività.

Si nota infatti un raccoglitore (di quelli con gli anelli) aperto come fosse stato usato da poco per ricercare delle pratiche, e poco a fianco, a bordo del lato lungo del tavolo, una pila di fogli in posizione adatta alla lettura. In breve una disposizione che suggerisce una attività interrotta (forse di due persone, una seduta che legge e l’altra in piedi che maneggia il raccoglitore) che non dovrebbe confacersi ad un ufficio il cui titolare è andato in ferie da alcuni giorni. In ogni caso, anche volendo trascurare il lieve indizio descritto, restano quelle tracce di pulizia a suggerire la possibilità che l’aggressione possa essere avvenuta a ridosso della porta d’ingresso e non in fondo alla stanza.

Senonchè si presenta una forte obiezione a questa tesi: con assoluta certezza Simonetta fu accoltellata nella zona anteriore della stanza, a ridosso della scrivania di Carboni.
A provarlo le pozze di sangue perfettamente adiacenti alle colature provenienti dal pube e dalla zona alta del torace. In altre parole, le stilettate furono inferte nell’esatto punto in cui il corpo è stato rinvenuto.
Allora come si spiegano le velature di sangue che precedono il corpo in direzione della porta?

Soltanto pensando ad altre ferite precedentemente inflitte a Simonetta o subite dall’assassino e che causano la fuoriuscita di sangue.
Sangue che deve essere e che verrà rimosso.

Accadimenti che suggeriscono una buona spiegazione per quelle pulizie cosiddette “parziali”, e che invece meglio sarebbe chiamare “circoscritte”.

Intorno a questa sequenza “in due tempi” dell’aggressione, si dipana forse la spiegazione di altri misteri. Se, infatti, fu l’assassino il primo a ferirsi e perdere sangue, è presumibile che l’arma d’offesa fosse in mano alla vittima, come del resto ha ipotizzato il PM nel processo di 1^ grado (Carella, invece, sosteneva essere l’assassino ad impugnare il tagliacarte per indurre la vittima a spogliarsi). Quindi Simonetta che per dissuadere l’uomo dai suoi propositi, lo minaccia con un tagliacarte (trovato casualmente su un tavolo o una scrivania) e infine, messa alle strette e senza via di fuga (l’uomo si trova fra lei e la porta), lo colpisce ferendolo.

La vista del sangue e forse il dolore stesso, pare una causa molto più scatenante una reazione feroce, di quanto possa esserlo il semplice diniego ad un approccio sessuale.

Il sangue che chiama altro sangue.
Una reazione subitanea e violentissima, usando il braccio e la mano sfuggite alla ferita, che colpisce alla tempia destra Simonetta, che cade in una zona fra la porta d’ingresso e la scrivania.
Forse è qui che l’assassino sale a cavalcioni della vittima, le stringe il collo (ecchimosi), le fa sbattere la testa sul pavimento fino ad ucciderla.
Forse è in questa azione che il fermaglio si rompe in tre pezzi (questa circostanza del fermacapelli è forse l’indizio più evidente che la vittima è stata spogliata dopo essere uccisa, essendo improbabile che dopo essersi liberata di pantaloni e mutandine, ancora conservasse il mollettone per capelli).

Sul pavimento il corpo esamine di Simonetta, e il sangue dell’assassino che ancora sgorga dalla ferita. Per un attimo l’assassino deve pensare a se stesso, deve tamponare la ferita, e forse fa uso del giubbino di Simonetta, quello con le righine blu.
Non è dato sapere, e non serve sapere, se in seguito l’assassino sia prima corso in bagno a pulirsi e fasciarsi la ferita, a telefonare o altro ancora, o abbia da subito deciso di infierire ulteriormente sul corpo della vittima.

Certo è che quando decide di farlo, Simonetta deve già essere morta, altrimenti non si spiegherebbe che le suppellettili vicino al corpo (armadio sedie e scrivania) non fossero imbrattate di sangue come accadrebbe se nelle vicinanze fosse trafitto un corpo ancora in vita e con pressione sanguigna normale.

La donna che ha mostrato disprezzo per le sue attenzioni e che, persino, ha osato trafiggere il suo corpo, merita il medesimo trattamento non una, non dieci, ma 29 volte tanto.
Con la stessa arma che la donna ha usato contro di lui e che ora giace in terra, a portata di mano. Nel compiere il massacro l’odio si tramuta in piacere e svela la natura malata dell’individuo.

Prima di agire, il corpo viene spostato, forse anche girato o ruotato. Trascinato per i piedi più vicino al muro, denudato quanto basta perchè lo strazio sia completo. Il sangue della vittima defluisce lentamente, ma di questo l’assassino non si cura. Deve pulire l’altro sangue, il suo.

Deve scomparire qualsiasi straccio o indumento entrato in contatto con quel sangue. Corpetto e reggiseno possono essere risparmiati. Ecco dunque che la scena del crimine sembra parlare in modo più chiaro.
L’assassino è un uomo a cui Simonetta non avrebbe mai concesso nulla.
Uno a cui decide, e questa la scelta fatale, di opporre persino un’arma, pur di non farsi toccare.

Se la dinamica è questa, e vi sono buoni elementi per pensarlo, è anche possibile che l’assassino, nel decidere di denudare il corpo di Simonetta, abbia anche voluto guastarne l’immagine, come a dire che lei si era offerta senza ritegno, e quindi andava punita.
In un certo senso, ci è riuscito.

 Bruno Arnolfo

mercoledì 6 giugno 2012

L'odio errante serpeggia su Facebook

C'è gente che pretende di farsi gioco delle regole di convivenza democratica, che fa l'apologia della giustizia fai da te, che propone di fucilare i giudici, che offende chi la pensa diversamente; ed è questo il fatto grave, a prescindere dall'aver insultato un uomo riconosciuto innocente, dobbiamo far sì che diventi una questione che riguarda tutta la gente per bene.







Igor Patruno