martedì 16 novembre 2010

Dimitri Buffa: "Giallo sull'autopsia"

CASO MARRAZZO: IL GIALLO DELL’AUTOPSIA A META’ SUL CORPO DEL PUSHER CAFASSO

Di Gianguarino Cafasso, noto da vivo di esser stato il pusher dei trans e di Marrazzo, si era detto che fosse stato praticamente l’unico nel suo ambiente a non avere visto “Pulp fiction” di Tarantino e segnatamente la scena in cui Uma Thurnman collassa scambiando l’eroina per cocaina. Ora però si scopre che potrebbe essere morto di infarto per il suo stile di vita e non di overdose a causa di una dose di eorina propinatagli da un carabiniere al posto della coca.

E ci mancava solo “l’autopsia a metà” per aggiungere alla vicenda dei trans e dei pusher che ruotavano intorno alla seconda vita di Piero Marrazzo tutti gli ingredienti del giallo.

La scoperta è stata fatta solo ieri dal legale dell’unico carabiniere ancora in carcere dei quattro che secondo l’accusa tentarono di ricattare l’ex presidente della Regione Lazio a causa appunto della propria seconda vita fatta di trans e cocaina, il maresciallo Nicola Testini, che peraltro si è sempre dichiarato estraneo o quasi all’intera vicenda. Cosa era successo? Che nel settembre 2009 i periti incaricati dai pm che si stanno occupando di tutta la vicenda avevano eseguito un’autopsia esclusivamente sul cuore e su un rene di Cafasso, il pusher dei trans di Marrazzo, stabilendo che era morto di overdose. Più precisamente avevano scritto che la causa del decesso era dovuta alla “presenza di morfina per 1,16 microgranni per millitro nel sangue, per 6.03 nelle urine e per 8,46 nella bile”. Lunedì però il perito incaricato dal gip su istanza della difesa racontava un’altra storia: “scompenso cardiocircolatorio in soggetto cardiopatico, dismetabolico e obeso, sotto l’effetto di sostanze stupefacenti”. Non overdose quindi ma infarto dovuto a uno stile di vita che prima o poi ti porta alla tomba. Ma non necessariamente “proprio quel giorno”. Questo però significa che nessuno gli avrebbe dato una droga per un’altra al solo scopo di ucciderlo. Il giallo è tutto nell’autopsia: per un errore che, a sentire il “Messaggero”, i due periti del pm, Federico Iacopini e Stefano Moriani (quest’ultimo è anche quello che ha ritrovato il dna di Raniero Busco sul reggiseno di Simonetta Cesaroni a distanza di anni) avrebbero commesso. Come? Forse copiando e incollando frasi prese dall’autopsia di un altro sarebbe venuta fuori una relazione che induceva a credere che in realtà fosse stato compiuto un esame autoptico completo , anche sui polmoni, il fegato e le visceri del Cafasso. Cosa che invece era palesemente non vera come attestato dalla perizia fatta dal professor Giovanni Arcudi dopo la riesumazione del cadavere.

Aleggia su tutto ciò un’ulteriore stranezza: a maggio quando l’avvocato di Testini, Valerio Spigarelli attuale presidente dell’Ucpi, chiese la riesumazione del cadavere, la pm si oppose dicendo che tanto sarebbe stata inutile in quanto la precedente autopsia svolta avrebbe lasciato integri ben pochi organi interni del corpo del pusher deceduto e che quindi era inutile fare questa riesumazione e l’ulteriore esame autoptico. Per “fortuna” del Testini, che comunque sta in carcere accusato di omicidio da otto mesi, il Gip non ha dato retta al pm e adesso il giallo dei trans di Marrazzo si arricchisce di un ulteriore elemento. Infatti a parte il cuore e un rene, tutti gli altri organi erano “in situ”, come recita la perizia con il suo linguaggio fatto di latino scientifico. Segno che nessuno aveva sezionato il cervello, i polmoni e gli altri organi interni. E’ anche un mistero del perchè di questa scelta: è abbastanza bizarro infatti stabilire che una persona sia morta per overdose di droga senza analizzare il cervello, il fegato, lo stomaco e i polmoni. Anche se poi dalla prima perizia risultava “per errore” persino il peso dei polmoni che invece non erano mai stati mossi dalla gabbia toracica.

Adesso tocca ripartire da zero e separare le morti e le coincidenze del caso Marrazzo dall’affaire vero e proprio. Di sicuro si sa solo che la notte tra l’11 e il 12 settembre Gianguarino Cafasso è morto.

Il trans Jennifer accusa il maresciallo Testini di avergli fonito la droga in un certo luogo ma a quell’ora il cellulare di Cafasso si agganciava in una cella sita in un posto diverso. Poi c’è questa nuova autopsia che, comunque sia, scagionerebbe chiunque dall’ipotesi di omicidio per tappare la bocca a uno scomodo testimone: se non è morto per overdose è difficile stabilire un nesso di causa effetto tra l’assunzione di eroina, ammesso che gliela abbia data il carabiniere tuttora in carcere per omicidio, e la morte avvenuta per un arresto cardiaco dovuto allo stile di vita di Cafasso. Nessuno poteva prevedere che proprio quel giorno lui sarebbe morto e non magari uno prima o un anno dopo. Quanto all’uso di droghe, Cafasso ne faceva quotidianamente e quindi su questo punto l’accusa traballerebbe non poco. Infine una notazione su queste perizie su dna e affini che ormai sono entrate, anche grazie ai leggendari uomini dei Ris di Parma, nel calderone della giustizia spettacolo: negli Stati Uniti da anni si stanno riaprendo, ma al contrario, un sacco di “cold case” di gente condannata anche a morte sulla base dell’esattezza indubitabile dei reperti del dna. E’ invece bene che si sappia che per una serie di circostanze (escluso e comunque a parte il dolo) questi reperti possono essere facilmente contaminabili e portare a conclusioni errate fior di periti e giudici. Il dna da tempo non è più la prova regina in America. Ma noi, si sa, importiamo le mode con 20 anni di ritardo e con altrettanti anni di ritardo ci accorgiamo quando sono passate.

Dimitri Buffa
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