mercoledì 30 novembre 2011

Il 3 dicembre esce il nuovo libro del criminologo Carmelo Lavorino


VIA POMA
INGANNO STRUTTURALE
Autore Carmelo Lavorino
Prefazione di Roberto Faenza
Prima edizione
Pagine 160 - Prezzo ∈ 9,00
Formato: 15 x 21
Capitoli: 10
ISBN: 978 88 97494 01 0
Edizione CESCRIN Centro Studi Investigazione Criminale
Uscita in edicola sabato 3 dicembre 2011
www.detcrime.com
La seconda edizione - pagine 278 - con gli aggiornamenti
uscirà il 15 febbraio 2012 in tutte le librerie italiane


Oltre il processo a Raniero Busco, oltre le verità di comodo e di facciata, oltre i presupposti e le indagini ufficiali, dentro il nucleo invisibile e la barriera impenetrabile che impediscono la soluzione dell'omicidio di Simonetta Cesaroni.
Dentro l'INGANNO STRUTTURALE, quel contenitore segreto degli errori, dei travisamenti, degli artifizi e dei raggiri che hanno permesso all'assassino di Simonetta di farla franca...

Il volume è intitolato “VIA POMA ● INGANNO STRUTTURALE” perché il leit-motiv e il valore prevalente che lo ispirano sono originati da “quel binomio di presupposti errorifici, impalpabile e cementificato, formato dalla barriera invisibile che impedisce la soluzione del caso, un nucleo invisibile che contiene nella sua intimità segreta gli errori, i travisamenti, gli artifizi e i raggiri che hanno permesso all'assassino di farla franca per tanto tempo”, binomio che ho definito INGANNO STRUTTURALE e che da 21 anni sta fuorviando la giustizia, la verità e le indagini.

... vi è stato l’INGANNO STRUTTURALE con il triplice scopo (1) di spostare di almeno 90 minuti in avanti l’ora della morte (2) di fare travisare il movente, il contesto, l’intento primario e il profilo logico investigativo dell’assassino, (3) di mutare lo stato delle cose, dei luoghi e dei fatti e dell’arma del delitto, il tutto in modo da favorire uno o più soggetti.

Vi è stato un inganno machiavellico per confondere le prove, le percezioni e gli elementi fondamentali dell'inchiesta, tanto da fare uscire dal mirino investigativo il vero colpevole e i suoi fiancheggiatori. Difatti, sono stati cambiati i parametri temporali e comportamentali e, quindi, le conseguenze obbligate, quali l’ultima notizia in vita, il momento della morte, la criminodinamica.

… E RANIERO BUSCO? Per quello che riguarda Raniero Busco e il suo processo, piccola
costola dolorante del grande enigma di Via Poma, si possono affermare sei dati di fatto,
conclusioni o concetti, che vanno a demolire i sei capisaldi della sentenza di condanna…

lunedì 28 novembre 2011

Documento: la lettera del Prof. Fori all'Avv. Coppi

"Caro Prof. Coppi, faccio seguito al nostro recente incontro... per sintetizzare in forma scritta quanto ho ritenuto doveroso comunicarTi.
Non ho seguito, se non nei resoconti giornalistici, il processo contro Busco e quindi non so nulla del dibattimento. Ma quando è stata resa nota la sentenza sono rimasto molto colpito dalla condanna in quanto i dati probatori di mia diretta conoscenza erano tali da mettere in serio dubbio le conclusioni della Corte.

Ho così riletto la mia relazione d'ufficio collegiale, redatta con i colleghi proff. Pascali e Destro-Bisol su incarico del GIP Giuseppe Pizzuti ma del resto non ve n'era bisognono in quanto ricordavo molto di quella difficile indagine. Poiché non sono stato sentito durante il processo mi chiedevo cosa ne fosse stato degli accertamenti su tracce da me personalmente eseguiti all'epoca. Non intendendo, per evitare clamore mediatico, parlarne con il precedente difensore di Busco, che non conosco, ho ritenuto opportuno rivolgermi a un vecchio amico, ora anch'egli pensionato e mio vicino di casa, il procuratore (omissis) il quale ha ritenuto che io abbia non solo l'obbligo morale di intervenire, bensì anche quello giuridico (omissis).

Ti invio copia della perizia, che ovviamente deve essere agli atti. All'epoca fummo incaricati solo di acccertamenti su tracce. Nell'istituto di Medicina Legale dell'Università Cattolica che allora dirigevo, arrivò una grande quantità di reperti, che ccuparono un'intera stanza. Ma gli unici reperti utili erano la porta e alcuni residui di precedenti accertamenti eseguiti presso il laboratoro di polizia scientifica. La polizia aveva senza dubbio consumato troppo materiale, ma c'erano all'epoca delle giustificazioni tecniche.
Fece però un'importante scoperta: sulla maniglia della porta dell'appartamento si trovava una lunga striscia di sangue, peraltro in parte consumata quando è gunta a noi ed il sangue era stato tipizzato come gruppo A. Simonetta era di sangue 0 e quindi il sangue non era il suo. Esaminammo il sangue di varie persone, anche offertesi spontaneamente. Tra queste il Busco, che è di gruppo 0 (nelle conclusioni della perizia non si fa il suo nome perchè egli non era indagato ma solo volontario).

Su quella traccia abbiamo effettuato varie indagini ma quella che è dirimente è che si è confermato, in quattro successive prove, eseguite da me personalmente (che per decenni ho pubblicato anche all'estero articoli sul sistema AB0 ed ho pertanto una rilevante esperienza) il gruppo A sulla traccia. Potremmo anche parlare delle altre indagni su tracce riferite nella nostra perizia - sulle quali, per i limiti tecnici dell'epoca, non mi sento di giurare. Ma l'AB0 è tipizzato in Italia e altrove da circa un secolo e non lascia dubbi. Purtroppo l'indagine non si può ripetere perchè quando io ho riconsegnato, dopo anni, la porta alla polizia, non vi era più alcuna traccia visibile (non escludo che col luminol non potesse trovarsi qualcosa: d'altro canto molti anni dopo è stata eseguita un'altra perizia d'ufficio).

La verità processuale è che il sangue sulla maniglia è di gruppo A e che Simonetta e Busco sono di gruppo 0.
Nella sentenza il tema è appena sfiorato ed accantonato incomprensibilmente e colpevolmente.

Se ne deve dedurre con certezza processuale:
  • che il sangue sulla maniglia non è di Busco, bensì di un'altra persona che evidentemente si è ferita colpendo Simonetta
  • che in alternativa si può solo immaginare che gli assalitori presenti fossero due e che comunque uno soltanto si è ferito ma non Busco!

Aggiungo marginalmente una consderazione relativamente al sangue: che notoriamente anche in pccola quantità macchia moltissmo e ci si può figurare quanto se la vittima sia colpita con molte coltellate. Ho letto una tesi un pò singolare: che il sangue sarebbe stato trattenuto dentro il corpo: il chè è ovvio ma altrettanto ovvio è che molto altro ne sia stato versato all'esterno (immagino ci sia qualche foto del sopralluogo!). Ne consegue che l'autore, o qualcuno che l'ha poi aiutato, ha dovuto impegare molto tempo per la accurata pulizia: e gli stracci non sono stati trovati neppure nei cassonetti adacenti l'edificio. Questo il motivo del forte sospetto che la pulizia sia stata eseguita da un abitante del condomino.

Ma questa è altra questione rispetto al problema del gruppo A che mi riguarda personalmente e che può essere causa di un gravissimo errore giudizario. Un estraneo sarebbe fuggito di corsa e non si sarebbe invece pericolosamente attardato a fare puliza.

Cordialmente
Angelo Fiori"

giovedì 24 novembre 2011

Raffaella Fanelli: "Delitto di via Poma: ci sarà una nuova super perizia"

Una nuova super perizia e un nuovo dibattimento per il delitto di via Poma.
Lo ha deciso la Corte d’assise d’appello di Roma presieduta da Mario Lucio D’Andria con a latere il giudice e scrittore Giancarlo De Cataldo.

Accolte, quindi, le richieste della difesa di Raniero Busco condannato in primo grado a 24 anni di carcere per l’omicidio dell’ex fidanzata Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 colpi di tagliacarte il 7 agosto 1990, negli uffici romani dell’Aiag.
Sarà nominato il prossimo 5 dicembre un nuovo esperto che dovrà rispondere in maniera definitiva a quegli elementi su cui si è fondata la riapertura dell’inchiesta nel 2007 e il successivo processo, il primo celebrato sul delitto di via Poma.

L’udienza si è svolta nell’aula “Europa” della Corte d’Appello. A rappresentare la pubblica accusa il procuratore generale Alberto Cozzella. La nuova perizia avrà il compito di rianalizzare quel segno sul seno sinistro di Simonetta, per l’accusa sicuramente un morso, che coinciderebbe con l’arcata dentaria dell’imputato, anche oggi presente in aula. Così come in tutte le udienze del processo di primo grado.

Al suo fianco, come sempre, la moglie Roberta. È stato quasi protetto da lei, da una mano che ha tenuto stretta per tutto il tempo prima di entrare in aula. Insieme hanno attraversato una folla di giornalisti e fotografi. Insieme, da cinque anni, da quando una perizia ha catapultato l’ex fidanzato di Simonetta nell’inchiesta, continuano a non capire. A chiedersi il perché di tutto questo. Eppure, per i giudici di primo grado, sarebbe stato lui a uccidere. Lui a straziare con 29 colpi di tagliacarte il corpo di Simonetta Cesaroni. Lui a colpire i seni della ragazza, i suoi occhi.

Ma perché lo avrebbe fatto? Già, in tutta questa storia, e nella sentenza di condanna a mancare è proprio il movente. Da quello si dovrebbe partire, di solito, per arrivare a un colpevole. Non è stato così per Raniero Busco. La sua sentenza di condanna si basa solo su perizie. Su un presunto morso che un nuovo esperto dovrà esaminare. D’altronde non la si poteva certo chiedere o pretendere dalla procura un’indagine investigativa a vent’anni dai fatti. Impossibile trovare una testimonianza, men che meno ricostruire ruoli e responsabilità.

Le perizie

Le perizie però sono arrivate nel processo di primo grado. Anche se altre sono state dimenticate. Dimenticata quella sul sangue trovato sul lato interno della porta della stanza dove Simonetta fu uccisa eseguita otto anni fa da Luciano Garofano (poi consulente del pm ndr) in cui si escludeva che il dna appartenesse a Busco. Quella perizia non è stata mai portata in aula nel processo di primo grado. È arrivata nella prima udienza del processo d’appello. E i suoi risultati confermano quanto già rilevato e scritto dal professor Angelo Fiori, medico legale di livello internazionale, chiamato all’epoca del delitto ad analizzare le tracce biologiche trovate sulla tastiera del telefono e sulla porta dell’ufficio di via Poma.

Angelo Fiori ha ricordato in una lettera indirizzata all’avvocato Franco Coppi, legale di Raniero Busco, e poi allegata ai motivi d’appello, quei giorni nei laboratori di medicina legale dell’Università Cattolica (che allora dirigeva) e ha raccontato di quella lunga striscia di sangue di gruppo “A” trovata sulla maniglia della porta dell’appartamento e sulla tastiera del telefono. Una traccia di sangue da sempre attribuita all’assassino. Eppure Busco ha gruppo sanguigno 0.

La lettera del professor Angelo Fiori è stata depositata. E accolta oggi dai giudici d’appello. Una lettera che nel processo di secondo grado dovrà trovare una risposta. Una risposta sarà data anche a quei trucioli di segatura ritrovati sui calzini della vittima. La segatura serve per assorbire liquidi. Serve per pulire. Un’azione esclusa da chi ha condannato Raniero Busco.

Le presenze di Busco al lavoro

Le presenze di Busco al lavoro

C’è poi un nuovo documento trovato dopo la condanna di primo grado e acquisito oggi in appello. Si tratta di un foglio in originale delle timbrature Alitalia, con tanto di numero di matricola, orari e ritardi, nonché presenze di Busco. Su quella pagina le ferie partono dal 17 agosto, una settimana dopo il delitto. Di conseguenza, Busco non aveva necessità di vedere Simonetta quel pomeriggio in via Poma (come ipotizzato dall’accusa) perché avrebbe potuto farlo anche durante la settimana successiva. Nuovi elementi che potrebbero riscrivere quanto avvenne quel 7 agosto del 1990 in via Poma. E restituire Busco alla sua famiglia e alla sua vita.Inserisci link

Raffaella Fanelli

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mercoledì 23 novembre 2011

Il Tempo: «Una perizia sul dna trovato in via Poma scagiona Raniero Busco»

E d'altra parte, a vent'anni dai fatti, non era facile ricostruire ruoli e responsabilità nel delitto di via Poma.
Ma da domani la difesa di Raniero Busco avrà la possibilità di capovolgere la sentenza di primo grado e dimostrare che i 24 anni di reclusione per aver ucciso Simonetta Cesaroni quel martedì 7 agosto del 1990 lui non li meritava.

Il nuovo processo si svolgerà nell'aula convegni della Corte d'Appello e ad occuparsene sarà il collegio presieduto da Mario Lucio D'Andria con a latere Giancarlo De Cataldo, ormai più noto per i suoi libri (come «Romanzo Criminale») che per la sua attività pur impegnativa di magistrato.

Paolo Loria e Franco Coppi, i difensori dell'ex fidanzato della vittima (che nel frattempo si è sposato e ha avuto due gemellini dalla moglie Roberta Milletarì), cercheranno di smontare punto per punto il castello accusatorio. I due penalisti contesterannno innanzi tutto le prove scientifiche, chiedendo molto probabilmente una nuova perizia super-partes sul presunto morso sul seno di Simonetta e sulla (sempre presunta) saliva trovata sugli indumenti intimi della ragazza massacrata con 29 colpi di tagliacarte negli uffici dell'Aiag.
Per loro, infatti, non fu Busco a mordere l'impiegata e quella trovata sulla biancheria non è saliva, o perlomeno non si può affermare con certezza che lo sia.

Ci sono, poi, i trucioli di segatura trovati sui calzini della vittima, elemento che farebbe pensare a un tentativo «professionale» di pulizia dei locali dopo l'omicidio. Tentativo che Busco non aveva alcun interesse a portare a termine. Anzi, che gli avrebbe fatto perdere inutilmente tempo prezioso per la fuga.

E ancora, un documento trovato dopo la condanna che dimostrerebbe come le vacanze del motorista Alitalia quell'anno scattavano una settimana dopo il delitto. Di conseguenza, Busco non aveva necessità di vedere Simonetta quel pomeriggio in via Poma (come ipotizzato dall'accusa) perché avrebbe potuto farlo anche durante la settimana successiva.

Infine, sottolinea Loria, «esiste una perizia sul sangue trovato sul lato interno della porta della stanza dove Simonetta fu uccisa eseguita otto anni fa da Luciano Garofano (poi consulente del pm ndr) in cui si escludeva che il dna appartenesse a Busco. Ma quella perizia non è stata mai portata in aula».

In attesa del verdetto di secondo grado gli italiani potranno vedere la fiction su via Poma prodotta dalla Taodue di Pietro Valsecchi e diretta da Roberto Faenza. La trasmissione era stata «congelata» da un'istanza dei legali di Busco (ricorso d'urgenza ex art. 700) che, però, è stata ritirata.

Maurizio Gallo

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sabato 12 novembre 2011

La Stampa: "Nelle tracce di sangue la firma del vero assassino"

Il medico legale: non sono né di Busco né di Simonetta

La difesa di Raniero Busco, condannato a 24 anni per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, tira fuori una carta che potrebbe essere determinante per ribaltare il verdetto di primo grado. Il 24 novembre inizia il processo di appello e i legali di Busco, Franco Coppi e Paolo Loria, depositano la lettera di uno degli esperti di medicina legale chiamato all’epoca del delitto ad analizzare le tracce biologiche trovate sulla porta dell’ufficio di via Poma. Sangue che non era di Busco, non era di Simonetta e quindi non poteva che essere dell’assassino, come rileva Angelo Fiori, medico legale di livello internazionale che scrive al professor Coppi.


Le sue sono parole che pesano: «... Quando è stata resa nota sentenza scrive - sono rimasto molto colpito dalla condanna in quanto i dati probatori di mia diretta conoscenza erano tali da mettere in serio dubbio le conclusioni della Corte». Nella sentenza di condanna viene liquidata come ininfluente la traccia ematica di gruppo «A» rilevata sulla parte interna della porta e sulla tastiera del telefono. Traccia che attesterebbe la presenza sul luogo del delitto di una persona diversa da Simonetta e da Busco, entrambi di gruppo «0».

Ma la condanna di Busco annulla questa prova. Cosa che turba il professor Fiori che analizzò quelle tracce. «Ho riletto - continua - la mia relazione d'ufficio collegiale, redatta con i prof. Pascali e Destro-Bisol su incarico del Gip Giuseppe Pizzuti. Poiché non sono stato sentito durante il processo mi chiedevo cosa ne fosse stato degli accertamenti su tracce da me eseguiti all’epoca». Fiori ricorda quei giorni nei laboratori di medicina legale dell’Università Cattolica (che allora dirigeva) e racconta di quella lunga striscia di sangue di gruppo «A» trovata sulla maniglia della porta dell’appartamento.

«Esaminammo il sangue di varie persone, anche offertesi spontaneamente. Tra queste Busco, che è di gruppo zero». Fiori è stupito che questo dato non sia stato valutato adeguatamente: «La verità processuale è che il sangue sulla maniglia è di gruppo A e che Simonetta e Busco sono di gruppo «0». Nella sentenza il tema è appena sfiorato ed accantonato incomprensibilmente e colpevolmente. Se ne deve dedurre con certezza processuale: che il sangue della maniglia non è di Busco, bensì di un’altra persona che evidentemente si è ferita colpendo Simonetta». O «che in alternativa si può solo immaginare che gli assalitori presenti fossero due e che comunque uno soltanto si è ferito ma non Busco!».

Tutto da rifare dunque? Certo è che la sentenza di primo grado che condanna dopo 20 anni dal delitto Raniero Busco a 24 anni si basa su un sillogismo, come rivelano i motivi di appello aggiunti depositati dalla difesa: le tracce di Dna riconducibili a Busco trovate sul corpetto e sul reggiseno sarebbero poste in prossimità del seno sinistro, «zona che presenta un segno interpretabile come morso inflitto contestualmente all’azione omicidiaria». Quindi, secondo l’accusa, e la sentenza di condanna, se il Dna è situato nella zona del morso, e questo è stato dato nel corso del delitto, il Dna appartiene all’autore del delitto. Secondo la difesa però «ogni elemento del sillogismo accolto nella sentenza rimane di per sé indimostrato».

A iniziare dal fatto che quelle tracce non si sa se siano saliva. E lo stesso generale Garofano, allora perito della Procura, ammette che si è giunti a ritenere che quelle tracce fossero saliva esclusivamente per un discorso logico-deduttivo che ha come perno l’ipotesi del morso: «È probabile che quel segno sia un morso ergo, quel materiale è saliva». Indimostrabile anche, secondo i legali di Busco, che le tracce di Dna siano state rilasciate contestualmente al delitto. Busco potrebbe avere lasciato il proprio Dna in un’altra occasione visto che Busco e Simonetta Cesaroni erano stati insieme il sabato precedente l’omicidio.

Maria Corbi

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giovedì 3 novembre 2011

Corriere della Sera: Via Poma, prima il film poi il processo

Il ciak d' avvio il 7 agosto, la messa in onda il 23 novembre.
Sarà un caso, ma il film Mediaset «Il delitto di via Poma» incrocia ancora una volta una data essenziale nella storia dell' omicidio.
Dopo aver iniziato le riprese nell' anniversario del delitto, per il debutto del tv-movie è stata scelta la sera prima del processo d' appello a Raniero Busco, condannato in corte d' assise a 24 anni di carcere.
L' esordio del film prodotto da Pietro Valsecchi e diretto da Roberto Faenza era invece atteso tra dicembre e gennaio.

L' ex fidanzato tornerà dunque in aula il mattino dopo che il pubblico avrà visto in tv il delitto di Simonetta, dalle 29 coltellate che l' hanno uccisa ai mille errori e depistaggi nelle indagini.
Fiction a cena, realtà vera e dolorosa poche ore dopo, a meno che la difesa non riesca a bloccare la trasmissione del film.

L' avvocato Paolo Loria aveva annunciato il suo intervento all' inizio delle riprese e ieri ha mantenuto la promessa: ha già depositato un ricorso d' urgenza al tribunale civile. Il tv-movie non deve andare in onda, spiega, per due motivi: «Rischia di influenzare i giudici popolari e implica una violazione della privacy».

Protesta Roberta Milletarì, la moglie di Busco: «Sono indignata, è una questione di rispetto: spettacolarizzare questa vicenda non significa cercare la verità». Tuttavia, continua, «mi stupisco solo fino a un certo punto: è lo stesso tipo di atteggiamento tenuto da Paola Cesaroni (la sorella della vittima, ndr) quando è andata in tv la sera prima della sentenza. Lei, che in vent' anni non si era mai lasciata intervistare».

Lavinia Di Gianvito

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