giovedì 30 dicembre 2010

Guai giudiziari per un perito del caso Busco

Ancora giallo sul caso Marrazzo, in particolare sulla morte del pusher Gianguerino Cafasso. Processo immediato per i medici legali Stefano Moriani e Mauro Iacopini, entrambi de La Sapienza, con l'accusa di falso in atto pubblico.

Il reato contestato si riferisce all'autopsia che i due medici hanno eseguito sul cadavere del pusher dei trans, morto il 12 settembre del 2009 in un albergo di via Salaria; avrebbero affermato di aver fatto analisi sul cadavere che invece si è scoperto non era possibile fare.

I fatti: Cafasso è un personaggio ambiguo, ritenuto spacciatore e protettore di alcuni trans implicati nel caso Marrazzo. Avrebbe cercato anche di vendere un certo video compromettente relativo appunto all'ex presidente della Regione Lazio. Dopo la sua morte vengono incriminati tre carabinieri accusati di omicidio volontario a seguito anche dell'autopsia sul Cafasso che propendeva per la tesi dell'overdose, insinuando il sospetto che gli fosse stata data una droga per un’altra al solo scopo di ucciderlo ed eliminare uno scomodo testimone. Ma si è scoperto invece che nell'autopsia firmata Moriani-Iacopini c'erano analisi riferibili ad organi che non erano mai stati asportati dal cadavere. La circostanza emerse nel settembre scorso quando il professor Giovanni Arcudi incaricato di altri accertamenti richiesti dalla difesa di uno dei tre carabinieri scoprì che non era stata esaminata nella prima autopsia la scatola cranica e che gli organi interni di Cafasso erano ancora al loro posto e non erano stati esaminati.

Ma perché questa cosa sarebbe grave? Il risultato dell'autopsia dei due medici legali ha condizionato le indagini nei confronti dei carabinieri accusati di aver “eliminato” il pusher, divenuto testimone scomodo. La seconda perizia autoptica ha invece ipotizzato per Cafasso una morte causata dalle precarie condizioni di salute in cui versava, ovvero a causa delle aritmie cardiache a cui era soggetto anche per lo stile di vita disordinato che conduceva. Insomma morte per cause naturali.

Moriani e Iacopini, interrogati dal Gip, si sono difesi affermando che il referto dell’autopsia è stato stilato utilizzando un precedente esame e che quindi ci sarebbe stato solo un errore materiale di compilazione.

Errore o dolo?

E' lecito nutrire sospetti considerando che trattasi di vicenda delicata.
Come è potuto accadere un errore? Si è forse tentato di “leggere” negli esiti di una perizia quel che il pubblico ministero voleva vedere dimostrato? Oppure a furia di copiare ed incollare da precedenti perizie è stato commesso un errore?

A chiedere e ottenere il rinvio a giudizio con rito immediato è stato il PM Eugenio Albamonte che ha anche ottenuto che i due medici venissero sospesi dalla loro attività per due mesi.

Ai giudici stabilire la verità. La sentenza potrebbe avere ripercussioni indirette anche su altri processi in corso, oppure già conclusi. Stefano Moriani è stato consulente del pubblico ministero Ilaria Calò nelle indagini sull’omicidio di via Poma e che ha testimoniato in aula come perito insieme a Luciano Garofano e Marco Pizzamiglio. È lecito chiedere che qualsiasi dubbio venga fugato.

Gabriella Schiavon