giovedì 24 novembre 2011

Raffaella Fanelli: "Delitto di via Poma: ci sarà una nuova super perizia"

Una nuova super perizia e un nuovo dibattimento per il delitto di via Poma.
Lo ha deciso la Corte d’assise d’appello di Roma presieduta da Mario Lucio D’Andria con a latere il giudice e scrittore Giancarlo De Cataldo.

Accolte, quindi, le richieste della difesa di Raniero Busco condannato in primo grado a 24 anni di carcere per l’omicidio dell’ex fidanzata Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 colpi di tagliacarte il 7 agosto 1990, negli uffici romani dell’Aiag.
Sarà nominato il prossimo 5 dicembre un nuovo esperto che dovrà rispondere in maniera definitiva a quegli elementi su cui si è fondata la riapertura dell’inchiesta nel 2007 e il successivo processo, il primo celebrato sul delitto di via Poma.

L’udienza si è svolta nell’aula “Europa” della Corte d’Appello. A rappresentare la pubblica accusa il procuratore generale Alberto Cozzella. La nuova perizia avrà il compito di rianalizzare quel segno sul seno sinistro di Simonetta, per l’accusa sicuramente un morso, che coinciderebbe con l’arcata dentaria dell’imputato, anche oggi presente in aula. Così come in tutte le udienze del processo di primo grado.

Al suo fianco, come sempre, la moglie Roberta. È stato quasi protetto da lei, da una mano che ha tenuto stretta per tutto il tempo prima di entrare in aula. Insieme hanno attraversato una folla di giornalisti e fotografi. Insieme, da cinque anni, da quando una perizia ha catapultato l’ex fidanzato di Simonetta nell’inchiesta, continuano a non capire. A chiedersi il perché di tutto questo. Eppure, per i giudici di primo grado, sarebbe stato lui a uccidere. Lui a straziare con 29 colpi di tagliacarte il corpo di Simonetta Cesaroni. Lui a colpire i seni della ragazza, i suoi occhi.

Ma perché lo avrebbe fatto? Già, in tutta questa storia, e nella sentenza di condanna a mancare è proprio il movente. Da quello si dovrebbe partire, di solito, per arrivare a un colpevole. Non è stato così per Raniero Busco. La sua sentenza di condanna si basa solo su perizie. Su un presunto morso che un nuovo esperto dovrà esaminare. D’altronde non la si poteva certo chiedere o pretendere dalla procura un’indagine investigativa a vent’anni dai fatti. Impossibile trovare una testimonianza, men che meno ricostruire ruoli e responsabilità.

Le perizie

Le perizie però sono arrivate nel processo di primo grado. Anche se altre sono state dimenticate. Dimenticata quella sul sangue trovato sul lato interno della porta della stanza dove Simonetta fu uccisa eseguita otto anni fa da Luciano Garofano (poi consulente del pm ndr) in cui si escludeva che il dna appartenesse a Busco. Quella perizia non è stata mai portata in aula nel processo di primo grado. È arrivata nella prima udienza del processo d’appello. E i suoi risultati confermano quanto già rilevato e scritto dal professor Angelo Fiori, medico legale di livello internazionale, chiamato all’epoca del delitto ad analizzare le tracce biologiche trovate sulla tastiera del telefono e sulla porta dell’ufficio di via Poma.

Angelo Fiori ha ricordato in una lettera indirizzata all’avvocato Franco Coppi, legale di Raniero Busco, e poi allegata ai motivi d’appello, quei giorni nei laboratori di medicina legale dell’Università Cattolica (che allora dirigeva) e ha raccontato di quella lunga striscia di sangue di gruppo “A” trovata sulla maniglia della porta dell’appartamento e sulla tastiera del telefono. Una traccia di sangue da sempre attribuita all’assassino. Eppure Busco ha gruppo sanguigno 0.

La lettera del professor Angelo Fiori è stata depositata. E accolta oggi dai giudici d’appello. Una lettera che nel processo di secondo grado dovrà trovare una risposta. Una risposta sarà data anche a quei trucioli di segatura ritrovati sui calzini della vittima. La segatura serve per assorbire liquidi. Serve per pulire. Un’azione esclusa da chi ha condannato Raniero Busco.

Le presenze di Busco al lavoro

Le presenze di Busco al lavoro

C’è poi un nuovo documento trovato dopo la condanna di primo grado e acquisito oggi in appello. Si tratta di un foglio in originale delle timbrature Alitalia, con tanto di numero di matricola, orari e ritardi, nonché presenze di Busco. Su quella pagina le ferie partono dal 17 agosto, una settimana dopo il delitto. Di conseguenza, Busco non aveva necessità di vedere Simonetta quel pomeriggio in via Poma (come ipotizzato dall’accusa) perché avrebbe potuto farlo anche durante la settimana successiva. Nuovi elementi che potrebbero riscrivere quanto avvenne quel 7 agosto del 1990 in via Poma. E restituire Busco alla sua famiglia e alla sua vita.Inserisci link

Raffaella Fanelli

link all'articolo

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.