venerdì 24 giugno 2011

Reticenze insospettabili

Si è soliti dire che molti dei testimoni sentiti al processo sono apparsi reticenti o comunque poco collaborativi, così da inficiare le speranze di molti che il dibattimento potesse far emergere risvolti clamorosi, o quantomeno chiarificatori di alcuni dei misteri che avvolgono il delitto.

Viene da domandarsi, però, se sia tutta colpa dei testimoni e non anche di una platea di avvocati, di entrambe le parti, che non si è particolarmente prodigata in domande pertinenti e insidiose.

Si guardi al caso delle telefonate a Tarano che, per dirla alla moda del PM, innescano la “catena causale che procede in parallelo”
PM, avvocati di parte civile e della difesa hanno sostanzialmente condiviso, sia pure con intendimenti diversi, la tesi che il telefonista fu Vanacore, ma non si può dire che in dibattimento si siano sforzati di dimostrarlo.
Anzi è parso persino che per timore di evidenze contrarie, abbiano fatto di tutto per evitare di vedersi sbriciolare sotto i piedi la loro teoria preferita.
Vediamo un po’ quante cose si è voluto NON CHIARIRE

Cominciamo dalla famosa agenda Lavazza che per errore finisce riconsegnata a Claudio Cesaroni e che il PM deduce fosse stata dimenticata da Vanacore sulla scrivania di Simonetta.

Nessuno chiede ai poliziotti intervenuti quella notte se l’avevano vista
Nessuno lo chiede a Del Greco e Cavaliere, responsabili delle indagini
Nessuno lo chiede a Catalani.
Nessuno esamina le fotografie delle scrivanie, pure disponibili, ma che disgraziatamente non inquadrano l’agenda.
Nessuno vuol sapere che quasi sicuramente l’agendina fu sequestrata in casa Vanacore e che con ogni probabilità gli inquirenti, in cerca di raffronti, mischiarono maldestramente le agende di Simonetta e quelle del portiere sospettato di omicidio.

Poi abbiamo le chiavi dal nastrino giallo che M.L.Sibilia disse, stando all’accusa, che stavano appese ad un chiodo vicino alla porta di ingresso.
Balle, perché quando possiamo finalmente disporre dei vecchi verbali viene fuori che M.L.Sibilia disse in realtà “per un breve periodo di tempo

Infine, la cosa più importante: l’esistenza di un rapporto fiduciario fra Vanacore e Caracciolo così intenso da giustificare il possesso del recapito telefonico della casa di Tarano.
Nessuno chiede alla De Luca quali fossero i rapporti fra il marito e l’avvocato.
Nessuno chiede agli impiegati aiag, ai portieri di via Poma (anche gli altri), se mai videro nei paraggi il claudicante e riconoscibilissimo Mario Macinati, posto che la procura ha voluto piazzarlo a Via Poma per fare dei lavoretti e prenderci i caffè.
Soprattutto nessuno, e la cosa ha dell’incredibile, chiede a Caracciolo se conosceva Vanacore e gli aveva mai consegnato il recapito di campagna.

Ad un tratto il Giudice Canale ha un sobbalzo ed osa chiedere all’investigatrice di fiducia del PM, Flora De Angelis, cosa si è saputo di questa agenda e, soprattutto, quali nomi contenesse.
Ci siamo, perché gli investigatori a 360 gradi a cui nulla è sfuggito, ne avevano di persone a cui chiederlo. Una valanga di poliziotti ha maneggiato i reperti e non può credersi che nessuno esaminò il contenuto dell’agenda. Neppure può credersi che l’infortunio dello scambio di reperti emerso alla riconsegna da parte del papà di Simonetta, sia sfuggito agli inquirenti.
Il momento è topico. Tutti attendono di sapere dal maresciallo quali testi ha sentito, cosa gli hanno riferito, compresi i “non ricordo”.

Ma l’impareggiabile maresciallo non ha sentito nessuno, e manco ha pensato fosse importante.
Non gli resta che dire: “Si son perse le tracce”.

Anche dell’assassino, che forse telefonò a Tarano, si son perse le tracce!

Bruno Arnolfo

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