venerdì 16 dicembre 2011

Carmelo Lavorino: LA CORAGGIOSA RITIRATA DI LUCIO MOLINARO

Nel processo contro Raniero Busco ogni parte processuale e investigativa ha pensato solo al proprio orticello e nessuno ha mai analizzato ed affrontato la vicenda in modo sistemico e globale, con il solo scopo di individuare il vero assassino di Simonetta, a prescindere dagli interessi processuali e d’immagine.

Difatti:
  1. gli inquirenti prima hanno costruito ipotesi in seguito a intuizioni investigative e dopo hanno cercato gli elementi a supporto: Pietrino Vanacore 1990 indagato per l’omicidio; Federico Valle nel 1993 imputato dell’omicidio con Vanacore fiancheggiatore; nel 2009 Raniero Busco imputato dell’omicidio.
  2. le parti civili si sono sempre e comunque accodate alla Procura, evitando di produrre tesi proprie ed autonome. Tre piste della Procura? Tre sovrapposizioni ed accodamenti delle parti civili, Comune di Roma compreso!
  3. la difesa di Busco in primo grado ha dimenticato l’esistenza delle indagini difensive e invece di parlare in “giudicese” ha preferito gridare che “Raniero è un bravo ragazzo”, non ha messo sulla graticola alcuni soggetti, non si è insinuata nel c.d. “INGANNO STRUTTURALE” ;
  4. gli investigatori storici di polizia giudiziaria della vicenda e i loro consulenti hanno pensato solo a proteggere il proprio operato e/o a farsi la guerra per dimostrare che non hanno sbagliato, due per tutte: 1) non venne chiesto l’alibi a Busco perché … altrimenti non avrebbe collaborato (!?): cosa significa questa affermazione? Su cosa avrebbe o non avrebbe collaborato se gli avessero chiesto l’alibi? Mistero. 2) Gli alibi di diverse persone (colleghi della vittima, condomini di via Poma …) sono stati verificati solo superficialmente, mentre gli alibi di altri (familiari di soggetti che avevano colleganza e frequentazione con l’AIAG, l’ufficio dove lavorava Simonetta) non sono stati presi in considerazione.

Fra i citati eroi di Via Poma un pensiero particolare va all’avv. Lucio Molinaro, il “legale storico” della famiglia Cesaroni, avvocato civilista che in questi giorni ha lasciato l’incarico per motivi di età, almeno è questa la versione ufficiale. Però, mi chiedo, perché mai dichiarare al Messaggero “Ho spiegato alla mamma di Simonetta che lasciavo l’incarico dopo aver valutato i prevedibili tempi di durata degli ulteriori gradi del processo ….” visto che il processo d’appello si concluderà prima del giugno 2012? Perché dichiarare al Tempo: “Ho trovato un colpevole, non il colpevole” visto che in primo grado chiese la condanna di Raniero Busco? Perché dichiarare che “Dovevano fare una consulenza tecnica super-partes d’ufficio e non limitarsi a quelle del pubblico ministero e della difesa” visto che lui non ha mai chiesto tale perizia alla Corte?

L’avv. Molinaro ha il merito di avere scoperto ben 15 anni dopo il delitto (!?) che gli indumenti di Simonetta (corpetto di pizzo sangallo (o top), reggiseno e calzini) rinvenuti sulla scena del crimine sopra la vittima erano … lì dove stavano e dove dovevano stare da 15 anni: presso il medico legale che aveva effettuato l’autopsia su Simonetta, in un armadietto dell’obitorio. Altro merito di Molinaro è avere scoperto che Busco conosceva dove lavorava (in via Carlo Poma) sin da prima della morte di Simonetta. Chi lo dice? Soltanto lui, è un suo pio ricordo riesumato 20 anni dopo e che non ha avuto alcun riscontro! Perché non lo esplicitò immediatamente? Anche Alessandro Dumas parlò e scrisse di “20 anni dopo”, ma lì c’entravano i tre moschettieri.

Ebbi il piacere di conoscere Molinaro nel 1993 quando si era accodato alla Procura per le accuse a Federico Valle, quando dai sospetti verso Vanacore era passato a quelli contro la coppia Valle-Vanacore. Gli parlai dell’assassino che aveva usato la mano sinistra, della questione che il sangue sul telefono era di gruppo A e non gruppo 0, del fatto che l’assassino avesse il gruppo A, della grande possibilità che Simonetta fosse stata uccisa prima delle 17, dell’improbabilità del giro di telefonate che Simonetta avesse fatto fra le 17,05 e le 17,35, della questione computer e di tante altre cose. Mi rispose con saccenteria priva di sapienza in investigazione criminale dicendo che solo lui conosceva le carte processuali: i risultati li vediamo e li abbiamo visti!

Poi Molinaro cambiò obiettivo: Busco assassino e Vanacore pulitore, con Vanacore che avrebbe lasciato sulla scena del delitto la propria agendina rossa con la scritta Lavazza. Favole. A proposito, quando a Claudio Cesaroni, per errore, venne consegnata dalla polizia l’agendina di Vanacore, credendo che fosse di Simonetta, e Claudio Cesaroni si accorse dell’errore, perché Molinaro non gli consigliò – dall’alto della sua “sapienza investigativa” – di fotocopiarla e/o documentarla?
Certo, se in 21 anni Molinaro ha contribuito così tanto a risolvere il caso, immaginiamoci cosa avrebbe potuto fare nei prossimi anni: dopo Busco a chi sarebbe toccato? Quali altri reperti “nascosti” sarebbero stati scoperti? Quanti “altri colpevoli ma non il colpevole” avrebbe contribuito a martirizzare a livello giudiziario?

Ricordo che nel 1993 Molinaro dichiarò pubblicamente: “Ben venga il processo a Federico Valle, almeno servirà a chiarire molte cose e molte persone che sanno dovranno parlare”. Poi, nel 2009, dichiarò a Matrix: “Almeno il processo a Raniero Busco servirà a chiarire molte cose e molte persone che sanno dovranno parlare …”.
Poi cosa è accaduto? Molinaro non mette sulla graticola queste misteriose “persone che sanno”, non le chiama nemmeno a testimoniare, anzi, non chiama nessuno a testimoniare, si accoda alla Procura. Alla fine dell’istruttoria dibattimentale chiede la condanna per Busco perché lo ritiene colpevole. In seguito, a Busco condannato e con processo d’appello iniziato Busco è un colpevole ma non è il colpevole.

Penso proprio che l’addio di Molinaro all’incarico sia quella che in gergo viene definita “GLORIOSA RITIRATA STRATEGICA”, cioè, abbandonare il campo prima della disfatta finale: una fuga onorevole e coraggiosa!

di Carmelo Lavorino

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