sabato 21 maggio 2011

Analisi delle motivazioni - terza parte

L’ora della morte


Il tentativo svolto nell’ultima indagine di restringere la fascia oraria del decesso indicata nella perizia del medico legale – da 7 a 12 ore dal rinvenimento del corpo – non pareva in verità una necessità impellente, perché come ebbero a dire gli inquirenti dell’epoca, la sopravvenuta informazione circa le telefonate fatte (alla Berrettini) e quelle non fatte (a Volponi) avevano ristretto l’indicazione temporale alla fascia che va dalle 17:45 alle 18:30. Fascia oraria a cui si sovrapponeva un’altra evenienza testimoniale – Giuseppa De Luca – che disse di aver visto un uomo uscire intorno alle 18:00.

Tuttavia, poiché l’arco temporale, pur ristretto, si fondava su ciò che avevano detto dei testimoni e non su rilievi scientifici, parve necessario avere riscontri maggiori e verificare se dalle risultanze dell’autopsia potevano ricavarsi ulteriori informazioni utili a stabilire un range temporale più ristretto.

L’esito di questi esami ebbe a determinare la possibilità che il delitto fosse occorso molto prima di quando si supponeva in base alle testimonianze delle telefonate, causando un vero e proprio cortocircuito nelle congetture fino ad allora svolte sull’orario del delitto con implicazioni assai importanti sia in direzione del fidanzato, sia rispetto alla veridicità delle testimonianze relative alle telefonate.

Infatti, se l’anticipo dell’orario del decesso pare aggravare a prima vista la posizione di Raniero Busco (se la morte di Simonetta arretra di mezzora, Busco dispone dei tempi tecnici per uccidere, pulire, tornare a casa, cambiarsi e raggiungere il bar e farsi notare dai testimoni), non meno sospetta diverrebbe la posizione degli autori delle telefonate concordi nel riferire orari che non si conciliano con un delitto già commesso (se la morte avviene prima delle 17, Simonetta non può aver conversato due volte al telefono fra le 17:15 e le 17:35).

Ora, poiché non ha senso pensare che la Berrettini o la Baldi avessero motivo di mentire per proteggere Raniero Busco, ne consegue che l’anticipo dell’orario della morte compromette la posizione dell’imputato, solamente se la Berrettini e la Baldi sbagliarono in buona fede a riferire gli orari delle telefonate.

Allora la domanda è:

può accadere che poche ore dopo il delitto due testimoni riferiscano orari sbagliati di circa mezzora?
Se la risposta più ragionevole è no, allora restano tre possibilità:
  1. i protagonisti delle telefonate mentono sugli orari o sul fatto stesso che Simonetta abbia telefonato, per proteggere qualcuno
  2. qualcuno imita la voce di Simonetta (già uccisa) da parte di una complice dell’assassino
  3. la perizia di Moriani sulla digestione è imprecisa o infondata e Simonetta è morta non prima delle 17:45-18:00
Le prime due possibilità escludono ovviamente Raniero Busco. Anche la terza non si concilia con l’ipotesi che sia l’imputato l’assassino, e di questo si è ampiamente trattato nella ricostruzione del delitto (sempre su questo blog) laddove si è ampiamente discusso della tempistica del delitto.

Per continuare a indicare Raniero Busco quale colpevole del delitto non rimane quindi che ipotizzare che le conversazioni telefoniche siano effettivamente avvenute nei tempi indicati nella perizia sulla digestione, e che tre testimoni, Berrettini, Baldi e Sibilia, insieme, avessero riferito orari sbagliati di almeno 20 minuti in perfetta buona fede.

Un compito arduo ma anche una necessità impellente che impegna allo spasimo l’ufficio del Pubblico Ministero, ieri, e la Corte d’Assise, oggi.

Si guardi allora a come nell’esposizione del giudice di 1^ grado l’aggiustamento funzionale alla esigenze accusatorie diviene, di fatto, una vera e propria manipolazione.

Tutto comincia a pag. 63 con i primi accenni al referto autoptico del 1990 rimesso in discussione nel 2007 per ricavare eventuali ulteriori elementi per restringere lo spazio temporale entro cui collocare l’ora del decesso.

A pag. 65 si accenna appunto al contenuto gastrico rinvenuto nello stomaco di Simonetta, i famosi 150 cc di poltiglia semifluida.

La permanenza nello stomaco della poltiglia rivela quindi che non si era ancora completata la digestione per cui poteva dedursi in base ai parametri noti dei tempi di digestione in rapporto alla qualità e quantità di cibo ingerito, e all’orario del pasto, quale potesse essere il limite temporale entro cui collocare il delitto.

Afferma nella relazione il dr. Moriani: “In particolare, tenuto conto di un pasto consumato intorno alle ore 13:30 – 14:00 e di un tempo di digestione di circa tre ore, l’epoca della morte va collocata intorno alle 17:00.

Evidentemente il consulente deve aver ritenuto opportuno “aggiustare” in eccesso la valutazione temporale in quanto essendo non conclusa la digestione, era più corretto affermare le ore 17:00 come “tempo ultimo” invece di “tempo medio” come indicato in relazione.

Data comunque per buona questa valutazione che il giudice assume a prova, si guardi a come l’estensore delle motivazioni la traduce: ”...la morte sarebbe sopravvenuta tra le 7 e le 12 ore dal momento del sopralluogo, in orario compreso tra le 2 e 3 ore dal momento dal pasto e dunque intorno alle 17:30

Intorno alle 17:30?
L’errore ha del clamoroso, infatti se il pasto fu consumato entro le 14:00, dire “tra le 2 e 3 ore dal pasto” avrebbe condotto alla fascia fra le 16:00 e le 17:00, non alle 17:30.

Un banale errore di calcolo senza intenti manipolatori?

Non sembra perché poco dopo si verifica una nuova “disattenzione”.
Infatti allorchè il Giudice rimanda alle dichiarazioni rese in aula da Berrettini Luigina e Baldi Anita, nonché dalle SIT di Sibilia Salvatore (marito della Baldi) afferma: è risultato che il pomeriggio del 7 agosto alle quattro e mezza- cinque meno un quarto Simonetta aveva telefonato a casa della Berrettini…chiedendole istruzioni sulle tecniche di inserimento dei dati...

Tutto sbagliato.


E vero che in aula la Berrettini esordisce dicendo “alle quattro e mezza- cinque meno un quarto Simonetta aveva telefonato” e ciò in aperto contrasto con quanto affermò l’8 agosto 1990 a poche ore dal delitto, ma alla successiva contestazione della difesa, la Berrettini si corregge e conferma in toto le dichiarazioni del 1990 ribadendo più volte che la telefonata iniziale arrivò alle 17:15 e l’ultima si chiuse alle 17:45.

Il SIT di Sibilia (13/9/90) è ovviamente immutabile e indica, pure con il corredo di un eloquente “e dell’orario sono più che certo” le ore 17:15 (prima telefonata, non l'ultima)!

In effetti la Baldi (e questo dovrebbe far pensare) si corregge rispetto al 1900 e retrocede ad un “17 e qualche cosa” che tuttavia andrebbe ulteriormente anticipato di altri 10 minuti per via dell’orologio che “andava dieci minuti avanti”.

Niente di univoco quindi e meno che mai idoneo a suffragare la tesi che le telefonate cominciarono alle 16:30-17.00 per chiudersi alle 17:15.


La confusione comincia ad essere troppa.

Prima si somma erroneamente il tempo di digestione medio, poi si allude a deposizioni o dichiarazioni che dicono il contrario di ciò che si afferma (Berrettini e Sibilia), infine si “piazza” l’orario delle 17:15 che non quadra con nulla: né con le dichiarazioni a verbale del 1990 e tantomeno con le deposizioni in aula.

Sembra che si “sgomiti” a destra e a manca per aggiustare orari contraddittori e perizie che se da un lato fanno comodo (combaciare con i tempi di Busco), dall’altro devono “adattarsi” agli orari dei “testimoni telefonisti”, smentire i quali avrebbe effetti devastanti per le tesi accusatorie.

Ma andiamo avanti.
Dopo aver riferito della perizia sul computer con deduzioni discutibili, l’estensore afferma:
Tanto premesso, può dunque ritenersi che Simonetta aveva interrotto il lavoro intorno alle h. 17:00-17:10, (secondo l’orario fornito dalla Baldi della cui attendibilità non vi sono motivi di dubitare), quando si era fermata poiché non riusciva ad inserire i dati”

Un’altra sgomitata.

Intanto l’orario 17:00-17:10 contrasta con ciò che lo stesso estensore affermava poche pagine prima quando riferiva “è risultato che il pomeriggio del 7 agosto alle quattro e mezza- cinque meno un quarto Simonetta aveva telefonato a casa della Berrettini…chiedendole istruzioni sulle tecniche di inserimento dei dati…” sicchè viene da domandarsi se l’estensore non sia in totale confusione.

Poi pare davvero eccessiva la fiducia riposta nel testimone Baldi Anita che, a ben vedere muta troppe volte le proprie deposizioni.

Comincia l’8 agosto 1990 ove afferma a verbale:
Verso le 17:30 di ieri mi ha telefonato a casa Luigina Berrettini..
Poi il 22 agosto 1990 si “sintonizza” alle dichiarazioni del 13 agosto 1990 del marito Sibilia Salvatore (le 17:15) alludendo all’orologio precoce di circa 10-15 minuti
Infine nel 2010 in aula:
PM: ecco, ricorda almeno approssimativamente l'orario di questa telefonata da parte della Signora Berrettini?
DICH. BALDI: quello che ho dichiarato all'epoca lo confermo pienamente perché girando intorno al letto, stavo dormendo con... stavamo dormendo, per rispondere al telefono, rispose mio marito, io girai intorno al letto vidi la... la... guardai sulla sveglia così, avevamo una sveglia molto grande con le... con i numeri luminosi...
PM: sì.
DICH. BALDI: ...erano le 17 e qualche cosa, esattamente quello
che... che dichiarai all'epoca, anzi credo di aver fatto una seconda dichiarazione nella quale mi corressi perché non mi ero resa... cioè non mi ero ricordata al momento che la nostra sveglia andava dieci minuti avanti.

In pratica la Baldi nel 2010 “guadagna alla causa” una ventina di minuti facendo retrocedere il 17:15 del 1990 (già adattato all’orologio che andava avanti di dieci minuti) alle 17 o forse meno del 2010.
Non sembra molto opportuno riferirsi alla Baldi come soggetto “della cui attendibilità non vi sono motivi di dubitare”.

Dopo queste “riflessioni” tese a manovrare gli orari in funzione, come vedremo, delle necessità di attribuire a Raniero Busco una tempistica adeguata a scongiurare l’alibi certo delle 19:45 al Bar dei Portici, il Giudice si serve di un altro testimone: Salvatore Volponi.
E cosi l’uomo che non conosceva l’indirizzo di via Poma a dispetto di numerose testimonianze contrarie, e le cui dichiarazioni usate contro Raniero Busco furono dette per la prima volta in un libro scritto nel 2003-2004 in totale contrasto con ciò che aveva detto fino ad allora, diviene per il giudice fonte certa e indiscutibile.
Si legge:
Volponi ha anche sostenuto che a causa dell’urgenza che c’era di finire quel lavoro, egli si era offerto di raggiungerla in via Poma, ma la ragazza era stata irremovibile a non farlo andare, (no, no, non venga, non si preoccupi, cioè faccio da sola, tutto da sola, non si preoccupi) egli era anche a conoscenza che quel giorno Simonetta sarebbe rimasta da sola in ufficio, non essendo prevista la presenza del rag. Menicocci, che aveva fatto fino ad allora da istruttore, né di altri impiegati)"

Per carità, se lo dice Volponi!
Come non credergli?
Come non credere a uno che in fondo ha solo 3 o 4 testimoni che affermano fosse già stato in via Poma.
Come non credere a uno con svariati problemi vissuti in sede civile e penale.
Come non credere a uno che dice di essersi offerto di aiutare Simonetta, sapendo, e lo ammette, che tanto non poteva farlo.
Come non credere a ciò che disse in un libro (un libricino ammette lui) con dichiarati scopi commerciali, che pure necessitava di un finale torbido che facesse cassetta.
Come non credere a chi rimanda per quattro volte la deposizione in aula.


Simonetta, ragazza seria ed educata non fece di tutto per procurarsi un alcova a buon prezzo per portarci l’uomo che tanta indifferenza provava per i suoi sentimenti.
Simonetta non ebbe alcun dominio del suo destino, né ebbe attenzioni per chi , al contrario, le pretendeva. L’uomo non tollerò il rifiuto di Simonetta e dopo averla resa inerme, volle imporre al suo corpo lo sfregio punitivo e possessivo di chi quel corpo non ebbe mai.

Bruno Arnolfo

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