sabato 29 gennaio 2011

Carmelo Lavorino: "Dubbi sulla condanna di Busco"

Ma la condanna in primo grado a Raniero Busco per l'omicidio di Simonetta Cesaroni non convince tutti.

Perché condannare Busco "Busco doveva essere condannato per la troppa forza tecnica
dell'accusa, per la logica dell'invincibilità accusatoria", cerca di spiegare Carmelo Lavorino,
criminologo.
"Busco è stato condannato anche per l'inconsistenza della strategia difensiva - ha aggiunto
Lavorino- perché Roma doveva chiudere il caso via Poma".
Il caso non è chiuso E tuttavia, "la sentenza di condanna a 24 anni per Busco non risolve il caso di via Poma, lascia troppi interrogativi sospesi e irrisolti, dubbi e contraddizioni", riconosce Lavorino, che sul delitto di via Poma ha scritto un libro.
"Busco - afferma - avrebbe dovuto chiedere diverse perizie, fra cui l'ora della morte di Simonetta, se trattasi di assassino mancino, l'analisi del dna sul corpetto e sulla porta, l'analisi totale sulla fotografia del capezzolo col morso asserito e della propria dentatura.
Avrebbe dovuto fare invalidare il ritrovamento del corpetto e del reggiseno, rimasti incustoditi per oltre 15 anni. Avrebbe dovuto produrre un'analisi criminale a 360 gradi ed andare a guardare laddove io ho guardato, a cominciare dall'Aiag", l'azienda dove Simonetta lavorava.

E poi, chiedersi "perché tutti hanno fatto a gara a dimenticare Simonetta", indagare su "comportamenti stranissimi, tagliacarte che prima scompaiono e poi vengono miracolosamente lavati e messi a posto, strane telefonate che non si ha certezza che siano state effettuate, quando e da chi".
E " … Busco non avrebbe dovuto accodarsi ai sospetti verso Pietrino Vanacore ipotizzando che 'qualcosa sa ..."". "Mi auguro - conclude il criminologo - che il processo d'appello risolva il caso di Via Poma in tutti i suoi come, quando, in che modo, come, dove, per chi, perché, cosa e chi".

E' "del tutto assurda" per lo scrittore Alberto Bevilacqua.
Il noto giallista ragiona: "Quella casa di via Poma è maledetta. Due anni prima in quel palazzo ci fu un altro delitto di una donna. Io lo feci notare. Nessuno mi ha mai dato retta". Una considerazione che Bevilacqua fa alla luce anche delle vicende precedenti la condanna di ieri. "Dimentichiamo - riflette - che c'è stato anche il suicidio del portiere Vanacore? Ma insomma, un uomo si toglierebbe la vita - se realmente se l'è tolta ma questo non lo posso sapere - perché un fidanzato ha ucciso la fidanzata? Non sta né in cielo né in terra".
Lo scrittore non si stanca di ripetere che siamo davanti ad una condanna "assurda. Avrei quasi preferito l'ergastolo. Sarebbe stata una condanna assurda anche questa ma forse più accettabile - dice - Che senso ha la gradualità della colpa quando non c'è certezza di nulla in questo processo. Non e' chiaro il retroscena, non è chiaro nulla. E' in gioco la coscienza e c'è una vita distrutta".

Dal blog Detcrime
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