venerdì 7 gennaio 2011

Francesco Bruno: "Busco è innocente"

Via Poma, il killer in ufficio

Per il pm Ilaria Calò, che davanti alla terza Corte di assise di Roma ha chiesto l'ergastolo per Raniero Busco, l'assassino di Simonetta Cesaroni ha finalmente un volto e un nome. Si potrebbe così finalmente mettere la parola fine al mistero di via Poma, che dal 1990 sembra destinato a non trovare soluzione.
Francesco Bruno, titolare della cattedra di Scienze psichiatriche a La Sapienza, non è sorpreso da questa rischiesta, ma non crede che la pista sia quella giusta. «Vista la ricostruzione del pm, chiedere l'ergastolo era doveroso, ma non ci sono prove per sostenere un'accusa che richiede necessariamente il massimo dela pena».
«BUSCO NON C'ENTRA». Secondo Bruno l'ex fidanzato è però innocente: «La mia ricostruzione non prevede proprio la figura di Busco. Detto questo voglio analizzare in base all'oggettività quanto è emerso nel processo e ciò mi convince ancora di più che Busco non c'entri nulla» è la conclusione del criminologo, ritenuto tra i più quotati in ambito nazionale nello scavare nella mente di assassini e serial killer e nell'analizzare i delitti. «Non c'è prova che il ragazzo sia stato in ufficio quella sera. È emerso solo l'indizio che Raniero amoreggiava con Simonetta, ma questo si sapeva già. Ossia che avevano rapporti erotici, tutto normale, tra fidanzati... Che poi lo facessero in spiaggia, in casa o altrove...non ha importanza». Del resto lo stesso Busco ha sempre sostenuto con forza la sua innocenza.

Bruno: «Non ci sono prove, il processo è stato strumentale»

Il pm ritiene che Busco abbia avuto un approccio con Simonetta negli uffici dell'Aiag e che la situazione sia precipitata per un litigio. Ma questa tesi non convince il criminologo. «Non c'è proprio prova che Busco sia stato nell'ufficio. E dirò di più, manca anche una motivazione omicidiaria. Non è Busco l'omicida. Il principale testimone è stato ucciso anche se questa verità verrà fuori tra qualche anno proprio per avere la certezza che tutto rimansse in silenzio».

ASSASSINO IN LIBERTÀ. L'assassino, secondo Bruno, sarebbe quindi ancora vivo e forte, e avrebbe anche eliminato la testimonianza di Vanacore, uccidendolo: «Non ho mai creduto al suicidio del portiere. L'omicida va cercato in campo Aiag. Chi ha ucciso non voleva che il cadavere fosse trovato là. Bisogna guardare la realtà, senza fare troppi voli... La stanza era stata ripulita alla perfezione. Ecco perché la testimonianza di Vanacore non si doveva fare. Una morte che pesa nel processo e che peserà nella sentenza».
Insomma, per il criminologo il caso Busco sarebbe assimilabile a quello di Salvatore Volponi, l'ex datore di Simonetta Cesaroni. «Volponi è stato solo un uomo che si è fatto travolgere da questa vicenda, non c'entra nulla neanche lui».

PROCESSO DA RIAPRIRE. Un processo, quello di via Poma, che Bruno non esita a definire, quasi provocatoriamente, «strumentale e utile», perché è servito «a riaprire una vecchia vicenda in un'aula di giustizia seria. A prescindere per Busco e, purtroppo, peggio ancora per il portiere, è stato utile per fare ulteriore chiarezza anche verso il grande pubblico». La caccia all'assasino deve ancora continuare? Secondo il criminologo non ci sono dubbi: «Sì, anche se è difficile dimostrarlo, non ci sono le prove, ma il nome dell'assassino è là, nelle carte».

Adelaide Pierucci per Lettera43.it
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